Nascita e formazione Società operaia in Melfi

di Enzo Navazio ©

         La realizzazione, con la 2a guerra d’indipendenza e la successiva spedizione dei Mille, negli anni 1859-1860, dello schema unitario ed il conseguimento della unificazione della penisola sotto le bandiere di casa Savoia, porta alla costruzione di una realtà statale in cui ben presto emergono come aspetti essenziali, da un lato, lo iato e divario fra il relativo sviluppo delle terre settentrionali rispetto all’arretratezza e ritardo delle terre centrali e meridionali, e dall’altro il problema della povertà di enormi masse sociali. Il primo aspetto sarà cura, preoccupazione ed oggetto di interventi dei grandi politici e meridionalisti – Labriola, Villari,  Fortunato, Nitti – ma soprattutto sarà una costante che accompagnerà nel corso degli anni – passando dallo stato liberale giolittiano alla dittatura fascista ed alla democrazia post-bellica – sino ai giorni nostri, tutte le diverse esperienze politiche ed amministrative senza che, peraltro, il ritardo tecnologico, sociale e culturale del Mezzogiorno rispetto al Settentrione sia risolto.

Il secondo aspetto vede ergersi davanti e di fronte ai fautori della unificazione la massa sterminata di soggetti  di varia estrazione sociale impoveriti dal succedersi di mutamenti politici, crisi economiche e crolli di produzione della realtà agraria. Il problema della povertà e dello stato di penuria che affligge buona parte della popolazione del nuovo Regno d’Italia, soprattutto i ceti  piccolo borghesi, le masse operaie e le plebi contadine delle campagne, è aggravato e reso maggiormente esiziale, dall’affermazione della visione laica dello stato e dalla eliminazione del patrimonio ecclesiastico con la susseguente scomparsa di quegli istituti secolari, alimentati proprio dalla rendita ecclesiastica, presenti da sempre  sul territorio e nelle collettività, quali i Monti di Maritaggio ed i Monti Frumentari – i primi erogavano doti in natura e danaro alle giovani povere mentre i secondi prestavano, a prezzo politico, ai contadini grano da utilizzarsi per le semine da restituirsi in natura o in moneta, ma in entrambi i casi, con bassissimo tasso di interesse. Realtà e situazione  espresse dal fatto che in Melfi, nel Melfese ed in Basilicata era prassi effettuare il prestito con la misurazione a raso, e praticare la successiva restituzione a colmo.

La necessità e bisogno di superare le strettoie di povertà, miseria ed arretratezza, di fronte all’assenteismo e disinteresse della classi liberali detentrici del potere politico porterà negli anni successivi alla unificazione al diffondersi nella società di linee intervento diverse trovanti giustificazione, motivazione e supporto ideologico nelle teorie politico sociali che pervadono la società ottocentesca. La diffusione delle idee socialiste, in tutti i suoi diversi aspetti da quello riformista di Bissolati e Labriola a quello marxista dei sostenitori della lotta di classe, non escludente movimenti anche violenti – si pensi alla fiammata dei Fasci Siciliani di fine Ottocento con tutte le conseguenze sulla compagine e tenuta della società liberale del tempo – costituisce una componente essenziale della affermazione delle istanze e rivendicazioni delle masse proletarie. Per un altro aspetto si assiste contemporaneamente al diffondersi di istanze e manifestazioni a carattere umanitario rivolte alla affermazione del vincolo solidaristico e fratellanza, prescindendo dai ruoli, funzioni e lavoro svolto, come elemento costitutivo del tessuto sociale, portando come conseguenza l’obbligo per le classi dirigenti ed economicamente più forti di contribuire al riscatto e miglioramento e del proletariato urbano e rurale. Ed è proprio da questi presupposti ideologici e culturali deriva l’elaborazione nella società ottocentesca di forme di intervento sotto l’aspetto associazionistico riunendo intorno alle parole d’ordine dell’aiuto reciproco e della missione da svolgere nel corpo sociale tutti quei soggetti che, accomunati da eguaglianza di prospettive lavorative ed identità di impiego ed occupazione cercano risposte ai loro problemi con interventi di tale validità e spessore da tentare di trasferirli all’intero corpo sociale. Una delle risposte consiste nella creazione di associazioni a forma   cooperativistica o mutuo soccorso in cui fosse fondamentale, come vincolo sociale, l’obbligo del mutuo reciproco aiuto e la possibilità di trovare nella realtà societaria una risposta ai problemi di sopravvivenza e sussistenza del singolo socio. Si assiste perciò soprattutto nella seconda metà dell’Ottocento allo sviluppo ramificato e diffuso in tutte le regioni del paese di Società Operaie, associazioni di Contadini e Mutue assistenziali il cui fine principale, oltre indirettamente a dare voce politica e pubblica, ai ceti finora emarginati, era proprio l’assicurare ai soci una forma di assistenza nelle vicissitudini della vita privata e familiare del singolo.

A tale fenomeno non resta estranea la nostra regione che assiste in questo torno di tempo al fiorire e diffondersi sul territorio regionale di  forme  associazionistiche delle più diverse esperienze a significare la complessità e poliedricità non solo delle esperienze quanto anche del corpo sociale notevolmente differenziato dalle forme di vita e dalle scelte di sopravvivenza dei singoli. La prima Società Operaia è fondata in Matera nel 1866 ma già negli anni immediatamente successivi identiche fondazioni e costituzioni si diffondono su tutto il territorio regionale tanto che nel decennio 1880-1890 le dette associazioni sono diffuse anche in centri lontani dalle grandi vie di comunicazione, quali Carbone, Calvera o Colobraro, nella considerazione e riflessione che proprio la nascita delle Società vuole essere per le collettività citate una forma di partecipazione alle forme della modernità manifestantisi e a livello nazionale ed a quello regionale. Senza dimenticare, peraltro, che proprio la veloce e radicale diffusione di tali associazioni è indice della gravità e pesantezza della situazione economica locale ragion per cui le dette fondazioni sono viste come un argine ai problemi economici delle masse lavoratrici operaie, bracciantili e contadine. Per identici motivi non è un caso che in molti paesi della regione si costituiscano più Società differenziantisi in base alla  origine sociale ed attività lavorativa dei soggetti costitutivi – in essa società possono essere ammessi come soci effettivi operai e tutti coloro che ritraggono sostentamento dall’esercizio di arti e mestieri – e per le finalità di assistenza o beneficenza indirizzate solo verso le tipologie sociali in essa rappresentate. Il successo delle iniziative e delle fondazioni è evidenziato dal fatto che, negli anni immediatamente successivi al conseguimento di Roma capitale, sono presenti nella regione ben 13 sodalizi (1873) il cui ruolo e presenza nella vita collettiva sono sottolineati dai due aspetti esemplificanti in maniera eccellente la pervasività delle idee di solidarismo sociale, di matrice socialista, e quella cristiano-cattolica. Da un lato la presenza nello stesso paese di più sodalizi, citiamo per tutti i casi di Moliterno, Lavello e San Severino Lucano, determina sin dalla fondazione la scelta esclusiva di indirizzare la attività solo verso il mondo dei soggetti e ceti sociali fondatori, ragion per cui le scelte sono fatte in funzione delle esigenze e bisogni del mondo operaio ed artigianale oppure per la diffusa realtà del mondo rurale determinando, in questo caso, la registrazione del sodalizio come società villica. Pur nella differenziazione dei diversi sodalizi colpisce la fede manifestata nelle sorti progressive dell’umanità evidenziata dalla presenza e trionfo in tutte le ragioni sociali dei termini risveglio e progresso o dallo intitolare il sodalizio a grandi numi ed artefici dello sviluppo scientifico ottocentesco, richiamando talora quel mondo americano tanto sognato dai nostri emigranti come avviene in Laurenzana  dove il sodalizio è intitolato a Beniamino Franklin, senza dimenticare in alcuni casi il richiamo fideistico e religioso, determinato anche dalla presenza in paese di consistenti realtà religiose con la formazione di una società operaia cattolica. E se, nel caso, di coesistenza di più sodalizi, stante anche la limitata realtà sociale, dei nostri paesi, si assiste alla formazione di associazioni con un numero limitato di aderenti ed obiettivi limitati nel tempo, ben diverso è il quadro scaturente dalla maggior parte dei centri demici regionali dove la presenza e l’azione di un solo sodalizio fanno registrare adesioni consistenti di soggetti che, pur partecipando di processi formativi e realtà lavorative diversi, sono accomunati dall’essere parte essenziale dell’enorme serbatoio sociale costituito dalle masse operaie e contadine vedenti in tali forme associative il mezzo e strumento con cui uscire dall’arretratezza sociale, economica e culturale e soprattutto superare quei limiti orografici, morfologici, territoriali e storici causa e fattori di persistenza del citato ritardo esistenziale. Non è un caso quindi che negli ultimi decenni del XIX secolo si assista contemporaneamente nella regione alla esplosione e diffusione di tali iniziative in maniera capillare, anche se, spesso, inconsciamente motivate da un effetto imitazione di realtà sociali più avanzate, ed al fenomeno di chiusura ed estinzione di altre società nate precedentemente come effetto del deserto antropico creato dall’incidenza del fenomeno migratorio verso le terre americane ed europee, determinando un quadro di abbandono segnalante, anno 1899, la non presenza e la chiusura di tali forme associative in ben 17 comuni della regione.

La breve crisi legata al fenomeno migratorio non estingue anzi rafforza lo spirito solidaristico e la necessità di intervenire con forme societarie, non a fini di lucro,  per fronteggiare ed arginare nella regione il crollo delle rese agrarie, la diminuzione dei redditi delle classi più povere e sopratutto frenare il susseguente calo del potere d’acquisto e la sempre più debole presenza sui mercati. Una realtà tragica e difficile da cui la società meridionale, e la lucana, in particolare, tenta un sia pur parziale rimedio con un sempre maggiore ricorso allo strumento associazionistico come forma di tutela e sostegno dei redditi e dei tenori di vita dei ceti miserabili e urbani e rurali. Non è un caso quindi che si assista negli ultimi lustri del secolo XIX ad un ulteriore espansione delle società operaie e di mutuo soccorso tanto da realizzare una presenza e costante punto di riferimento nella vita sociale di tutte le collettività che in alcuni casi, giungono ad annoverare più sodalizi – 4 a Potenza, 3 a Moliterno, 2 a Lauria, Lavello ed altri centri. Una proliferazione espressione della pluralità e differenziazione delle istanze alla base degli atti costitutivi, delle idee ed ideologie sottese alla fondazione, delle fasce sociali di cui si era espressione e delle finalità da perseguire. Ragion per cui non è difficile riscontrare nei centri lucani sodalizi diversi in rapporto agli scopi e fasce sociali di riferimento distinguentisi in sodalizi, cattolici, di lavoratori agricoli od esercenti arti e mestieri. Una differenziazione e molteplicità di istanze che nel corso degli anni consentono una sempre maggiore pervasività ed adesione del fine societario alla vita sociale ed identificazione dello scopo del gruppo con l’utile e le istanze della collettività tutta, inserendo a maggiore rafforzamento del vincolo identitario con la realtà sociale e politica dell’Italia del tempo l’assoluta condivisione della scelta monarchico-costituzionalista, e, ad evitare qualsiasi deriva repubblicana o recondita adesione alla ideologia mazziniana, non è raro il caso di richiesta di alto patronato alla Regina Margherita od iscrizione come socio d’onore del Principe Umberto come punti di riferimento e momenti identificativi della identità italiana e della unione e saldatura fra popolo e regnanti.  All’uopo si provvede si provvede a rafforzare e consolidare la presenza e ruolo centrale con l’allargamento della base sociale costitutiva alla piccola borghesia impiegatizia, commerciale ed intellettuale, in particolare quei maestri delle scuole elementari, icona della società ottocentesca e che tanto spazio hanno nella realtà romanzesca e libraria della nostra Italia, sempre nell’ottica del progresso, miglioramento ed educazione degli strati sociali inferiori, come previsto in tutti gli Statuti ed atti fondativi.

E proprio in quest’ottica, tratto e punto di identità comune affermato in molti degli Statuti sottoscritti dalle singole associazioni  sono lo scopo maieutico-educativo, con letture e conferenze si cercherà di illuminare il popolo – ed il fornire ai soci l’assistenza morale e materiale nelle vicissitudini della vita quotidiana, al fine ultimo di ottenere cittadini consapevoli dei propri doveri e diritti – scopo della medesima è educare ed istruire gli operai e soccorrerli nella sventura, a tale fine l’associazione è composta di buoni cittadini e che, pur rispettando le leggi e l’ordine pubblico, si prefigge a scopo l’onesto lavoro ed il mutuo soccorso e l’osservanza di ogni principio di diritto, la morale e civile perfezionamento della popolazione – prevedendo in molti statuti l’apertura e funzionamento di scuole serali e domenicali accompagnate da un’intensa lotta contro l’alcoolismo ed i giochi d’azzardo, e ribadendo in ogni stipula associativa la necessità della corretta e rigorosa condotta morale personale e pubblica dei singoli soci escludendo dal sodalizio tutti coloro che fossero o si rendessero responsabili di atti illeciti e riprovevoli dal punto di vista morale e sociale. Ed a rendere efficace il vincolo associazionistico e conseguibile lo scopo solidaristico, caratteristica comune di tutti gli Statuti è il prevedere il versamento da parte del singolo socio di una quota d’adesione, perlopiù di £ 5,00, ed il versamento di una quota mensile di £ 1,00, corrispondente alla retribuzione media di una giornata lavorativa, come espressione della volontà di proseguire nella adesione.

In Melfi, Per iniziativa di Ercolani Benedetto, da Fossombrone, Pesaro, tipografo, da alquanti anni qui domiciliato, si va costituendo in questa Città una Società Operaia di mutuo soccorso il cui scopo è l’assistenza tra i soci e l’immegliamento morale e  materiale della classe operaia; i soci sinora sono 130 e si attende che stampino lo Statuto

Organi direttivi: Presidente can.co Cav. Giuseppe Bergamasco, vice Presidente tipografo Benedetto Ercolani

Consiglio direttivo: Ercolani Dario tipografo, Luigi Logrippo calzolaio, Michele Navazio falegname, Sebastiano Liccione caffettiere – Supplenti: Michele Ferrara calzolaio, Mosè Locuratolo veterinario

Segretario: Francesco Vigorita  scribente

Cassiere: Francesco Rispoli  negoziante foto

La breve notazione di un impiegato prefettizio ci informa della nascita nel 1872, in Melfi,  della società di mutuo soccorso Ordine, previdenza, lavoro, antenata e prima realtà sociale della attuale “Società Operaia Francesco Saverio Nitti”, in cui sin dal primo momento sono presenti artigiani, commercianti e piccola borghesia. Una realtà sociale e societaria che attraverso molte vicissitudini, cambiamenti, mutamenti nelle finalità e negli uomini in simbiosi coi mutamenti della società italiana – citiamo per tutti la rifondazione e ristrutturazione fatta nel 1886 ed il passaggio dalla realtà costituzionale dello Statuto Albertino alla dittatura fascista, con il mutamento di nome da Associazione Francesco Saverio Nitti ad Associazione Armando Diaz – è giunta sino a noi con quello spirito di progresso ed immegliamento  saggiamente esposti nell’atto costitutivo.

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